La fioca luce di questo Natale

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Se dovessi definire il periodo natalizio in una parola sarebbe: luce. Quella che illumina le strade, quella delle vetrine dei negozi, quella degli alberi decorati, quella dei balconi, quella dei presepi e quella nel cuore di ogni bambino che aspetta l’arrivo di Babbo Natale. Per molte persone significa fare regali, tempo di vacanze e riposo dal lavoro o dallo studio, per alcune ricordare la nascita di Gesù. Ognuno nel corso degli anni ha voluto dare un proprio valore a questo periodo particolare.

Ma il Natale è entrato nel calendario cristiano molto tardi, nel 345 d.C., per volontà dell’imperatore Costantino; ben prima di questa data il 25 dicembre era il giorno in cui a Roma si celebrava la festa del solstizio d’inverno e dell’approssimarsi della primavera. Questa festa era la celebrazione del sole che ricominciava a splendere. Solo successivamente i cristiani adottarono questa festa pagana in quanto vedevano in Gesù proprio quel sole venuto per illuminare il mondo dalle tenebre del peccato. Oggi più che mai è importante riflettere sull’origine di questo momento di festa in cui la luce è proprio ciò di cui abbiamo bisogno.

Quest’anno tra terremoti, incendi, esplosioni, elezioni, il mondo ha dovuto far fronte ad una pandemia. Mentre le prime catastrofi ci hanno toccato ma forse da lontano, la pandemia ha aperto una vera e propria faglia in tutti i paesi del mondo, ma anche nei nostri cuori. Questa volta siamo stati noi i protagonisti assoluti, a noi è stato chiesto di indossare delle mascherine, di mantenerci a distanza di sicurezza e di non abbracciarci né baciarci. Nonostante i nostri sforzi a nasconderci dietro una mascherina decorata a tema natalizio, i nostri occhi malinconici parlano per noi.

Tutto ciò contrasta inevitabilmente con il cosiddetto spirito natalizio, il periodo dell’anno in cui tutto sembra riempirsi di magia: le famiglie decorano insieme l’albero, le vetrine dei negozi si riempiono di luci, le strade gremite di gente vengono addobbate con armoniose illuminazioni, i mercatini pullulano di brillantini e colori natalizi. Siamo tutti avvolti da una sensazione di amore e pace.

Allo stesso tempo siamo pervasi da un velo di malinconia e mancanza che ci coglie ogni Natale quando alle nove o a mezzanotte ci scambiamo gli auguri e pensiamo alle persone che in questa occasione speciale non sono più con noi ma che rimangono vive nei nostri ricordi.

L’assenza, la mancanza, la nostalgia quest’anno saranno amplificate, rendendoci malinconici e cupi, forse lontani dai nostri cari perché viviamo nelle “zone rosse”, forse perché siamo risultati positivi al Covid-19, forse perché abbiamo perso persone care a causa del virus o per altri motivi.

Ma questa deve essere un’occasione per farci riflettere su quello che è il vero significato del Natale e dare valore a quelle cose a cui facciamo caso solo dopo averle perse. Come l’attesa dello scambio dei regali, gli abbracci e i baci degli auguri, il messaggino inaspettato da una persona che non sentiamo da tanto tempo, il chiassoso animarsi durante la cena e il pranzo, il bicchiere di vino, i fuochi d’artificio, il profumo delle prelibatezze che si assaggiano solo in questo periodo e soprattutto l’essere circondati dal calore e amore della famiglia. Ed è proprio questa la luce che mancherà quest’anno, ma possiamo accendere una miccia di speranza nei nostri cuori facendo tesoro della bellezza dei natali passati e augurandoci che questa luce possa tornare a splendere come prima.

Maria Pia Spadafora è una scrittrice freelance che vive a Milano.

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